domenica 24 febbraio 2008

Indagini imbavagliate, dalla mafia?

(Marsala.it)-Sono state sospese le password per controllare i dati patrimoniali di mafiosi e prestanome e 150 indagini sono ferme da un mese e mezzo. A lanciare l’allarme ieri sera il procuratore aggiunto di Palermo, Roberto Scarpinato. “Il ministero ha deciso di sospendere le password d’accesso che ci consentivano di localizzare in tempo reale i beni di mafiosi e prestanome – ha dichiarato Scarpinato, nonché le società, gli immobili, la disponibilità di auto e tutto ciò che riguarda i patrimoni sottoposti alle nostre indagini. È inutile continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto, senza questi strumenti abbiamo le mani legate”. In pratica magistrati e investigatori avevano avuto, fino ad ora, a disposizione una serie di codici d’accesso con i quali era possibile incrociare i dati di indagati con anagrafe, camera di commercio, catasto, motorizzazione e Pra. Attraverso tutti questi controlli incrociati era possibile, dunque, risalire alla quantità e al valore dei beni posseduti dalla mafia. “Da un giorno all’altro – protesta Scarpinato – ci hanno detto che, siccome devono ristrutturare il sistema informatico, ma non possiamo più utilizzare le password. In questo modo saremo costretti a rallentare tutte le indagini, perché a volte passano anche due anni per ottenere dati in maniera tradizionale”. Tutto questo comporterebbe, dunque, un notevole rallentamento nella giustizia. Giustizia che negli ultimi mesi ha effettuato numerosissimi arresti, scoprendo anche legami fra la malavita organizzata siciliana e quella americana (Why not). Nei giorni scorsi sono stati sequestrati anche numerosi beni alla mafia per ingenti somme di denaro. Solo togliendo il denaro alla mafia si potrà riuscire a sconfiggere questo fenomeno. Il blocco informatico che interessa tutte le procure, a Palermo rischia di compromettere ben 150 indagini. Si tratta dunque di decine e decine di fascicoli che potrebbero non essere più utilizzabili e diventare carta straccia. Scarpinato punta il dito alla legge sul controllo dei movimenti bancari. “Il decreto Bersani – dice – aveva introdotto l’anagrafe dei conti correnti. Ma a più di un anno mancano ancora i regolamenti attuativi. Oggi per sapere se un indiziato di mafia ha un conto corrente dobbiamo scrivere a mille sportelli. E le risposte, state tranquilli, non arriveranno prima di due anni. Crea perplessità il fatto che proprio adesso che la lotta alla mafia ha fatto un salto di qualità in avanti, si deve assistere ad un arretramento dovuto alla burocrazia”. Sono dure le parole di Scarpinato, ma perfettamente condivise da chi sta indagando sulla mafia e dai politici. Anche Leoluca Orlando, in un comunicato stampa, dichiara che gli uffici della Procura di Palermo “non possono essere oggetto di una simile “lacuna” tecnico-burocratica, che da mesi pregiudica il lavoro di uno dei settori più importanti nella lotta all’economia mafiosa”. Orlando, in merito alla questione annuncia un’interpellanza al ministro della Giustizia e al presidente del consiglio. Dal Ministero di Grazia e Giustizia precisano che l’agenzia del territorio, responsabile dell’erogazione del servizio ha sospeso a fine dicembre il servizio di accesso gratuito, modificando le modalità di fruizione del servizio. Il servizio, però, assicurano dal ministero, sarà presto riattivato in tutta Italia e la procura di Palermo, che aveva già richiesto il 20 febbraio la riattivazione del servizio, potrà cominciare ad operare nuovamente domani perché sono state inviate le nuove credenziali per l’attivazione del servizio.